7 GENNAIO 2025
La riforma del lavoro sportivo ha inciso profondamente sulla gestione del personale da parte dei datori di lavoro del settore e sul regime tributario applicabile a coloro che a diverso titolo praticano l’attività sportiva (D.Lgs. n. 120/2023).
La nuova disciplina del lavoro nello sport definisce lavoratore sportivo:
–l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo a favore di un soggetto dell’ordinamento sportivo iscritto nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, nonché a favore delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite, anche paralimpici, del CONI, del CIP e di Sport e salute S.p.A. o di altro soggetto tesserato;
–ogni altro tesserato che svolge verso un corrispettivo e in favore dei soggetti summenzionati le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti tecnici della singola disciplina sportiva, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale.
La legge di conversione dell’ultimo provvedimento d’urgenza emanato in materia (cd. Decreto sport, D.L. 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2024, n. 106) si pone l’obiettivo di chiarire e semplificare alcune delle disposizioni vigenti, sia per gli adempimenti del datore di lavoro sia per il trattamento fiscale dei compensi ricevuti dai lavoratori, sia dipendenti che autonomi.
Classificazione fiscale dei redditi di lavoro autonomo
Di notevole rilievo appare l’intervento sul Testo Unico delle imposte sui redditi (T.U.I.R.) finalizzato a prevenire potenziali erronee comunicazioni in ambito contributivo in materia di lavoro sportivo. È abrogata la disposizione del T.U.I.R. che definiva redditi di lavoro autonomo i redditi derivanti da prestazioni sportive non rese in forma di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (art. 53, comma 2). In base alle nuove disposizioni, quando la prestazione non è riconducibile nell’ambito del lavoro dipendente o in quello delle collaborazioni coordinate e continuative, il reddito prodotto sarà inquadrato come di lavoro autonomo o di lavoro occasionale a seconda che le prestazioni siano svolte in modo:
1)“abituale”, rientrando in tal caso nell’ordinario reddito di lavoro autonomo con le regole proprie di determinazione (T.U.I.R., art. 53, comma 1; art. 54, commi 1- 6-bis);
2)“occasionale”, riconducibile ai redditi diversi (T.U.I.R., art. 67, comma 1, lett. l; art. 71, comma 2).
Dipendenti del settore pubblico
Per le prestazioni di lavoro sportivo che generano corrispettivi non superiori a 5.000 euro annui, rese da dipendenti pubblici di qualsiasi settore compreso quello sanitario e il personale militare, è sufficiente la comunicazione preventiva all’Amministrazione di appartenenza, in luogo dell’autorizzazione, che continua ad applicarsi per le prestazioni che superano questa soglia.
Per i casi in cui i corrispettivi siano superiori al limite di 5.000 euro annui, l’autorizzazione si intende rilasciata se il provvedimento di accoglimento o di rigetto non interviene entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta (art. 25, comma 6, D.Lgs. n. 36/2021; D.M. 10 novembre 2023).
L’Associazione o la Società sportiva ha l’obbligo di comunicare i compensi corrisposti per le prestazioni rese dai pubblici dipendenti, obbligo da assolvere entro i trenta giorni successivi alla fine di ciascun anno di riferimento, in un’unica soluzione, ovvero alla cessazione del relativo rapporto di lavoro se intervenuta precedentemente (D.Lgs. n. 165/2001, comma 11).
Poiché l’obbligo di comunicazione riguarda gli incarichi subordinati ad autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, sembra potersi intendere che, in quanto norma speciale, nell’ambito del lavoro sportivo esso si applichi in caso di corrispettivi superiori ai 5.000 euro annui.
Prestazioni rese dai volontari
La riforma dello sport riconosce alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche, alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate, nonché agli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, al CONI, al CIP e alla società Sport e salute S.p.A. la facoltà di avvalersi di volontari che prestano l’attività spontaneamente e senza fini di lucro. Le prestazioni sportive dei volontari, quindi, non sono retribuite in alcun modo (nemmeno dal beneficiario) e sono incompatibili con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva.
Per coloro che svolgono l’attività sportiva rimane fermo sia l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni e sia l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile verso i terzi.
Il D.L. n. 71/2024 in commento ridefinisce la disciplina dei rimborsi che possono essere corrisposti ai volontari per le prestazioni sportive rese.
I soggetti che prestano la propria attività a favore dei sodalizi sportivi, a scopo solidaristico e al di fuori di un rapporto di lavoro, possono essere erogati rimborsi forfettari per le spese sostenute per attività svolte anche nel proprio Comune di residenza, nel limite complessivo di 400 euro mensili, importo che non concorre a formare il reddito del percipiente purché gli importi siano corrisposti:
-in occasione di manifestazioni ed eventi riconosciuti dalle Federazioni sportive nazionali, dalle discipline sportive associate, dagli enti di promozione sportiva, anche paralimpici, dal Coni, dal CIP e dalla Società Sport e salute S.p.A.;
-sulla base della delibera assunta dal soggetto competente per il relativo ambito sportivo, relativa alle tipologie di spese e alle attività di volontariato per le quali è ammessa tale modalità di rimborso.
Gli enti erogatori sono tenuti a comunicare i nominativi dei percettori e glì importi attraverso una apposita sezione del Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche entro la fine del mese successivo al trimestre in cui si è svolta la prestazione.
La comunicazione è resa immediatamente disponibile per l’Ispettorato nazionale del lavoro, l’INPS e l’INAIL tramite la piattaforma digitale dati e tramite il sistema pubblico di connettività (SPC).
Pur non essendo fiscalmente imponibili, detti rimborsi forfettari concorrono al superamento dei limiti di non imponibilità contributiva previsti dall’ art. 35, comma 8-bis del D.Lgs. n. 36/2021 che applica l’aliquota contributiva pensionistica sulla parte di compenso eccedente i primi 5.000 euro annui, nonché al superamento dei limiti previsti dall’art. 36, comma 6 del medesimo decreto secondo il quale i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di euro 15.000.
In alternativa, rimarrebbe fermo il previgente ordinario regime fiscale dei rimborsi-spese c.d. a piè di lista (rimborso delle spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente, o spese oggetto di autocertificazione; per queste ultime vale il limite di 150 euro mensili nonché la condizione che “l’organo sociale competente” deliberi sulle tipologie di spese e sulle attività di volontariato per le quali fosse ammessa questa modalità di rimborso) ricordando però che la nuova disposizione stabilisce il divieto di ogni altra forma di remunerazione delle prestazioni in oggetto.
Sarebbe necessario un chiarimento in merito alla cumulabilità o meno delle due modalità di rimborso spese e se l’erogatore possa scegliere fra il regime dei rimborsi adottabile, fermo restando che la predetta comunicazione al Registro riguarderebbe i soli rimborsi forfettari.
Dr.ssa Cristiana Massarenti