La Legge di Stabilità 2016, L. 208/2015, art.1 commi 376-384 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano un nuovo modello di società: le società benefit. L’Italia è il primo Paese europeo a disciplinare nel proprio sistema giuridico questo modello societario sorto negli Stati Uniti. Si tratta di un’importante innovazione nei paradigmi economici ispirati tradizionalmente alla massimizzazione del profitto; una figura ibrida tra imprese for profit ed organizzazioni non profit. Queste disposizioni hanno come obiettivo quello di promuovere la Costituzione e favorire la diffusione di società che nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividere gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune ed operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori ed ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti ed associazioni ed altri portatori di interesse (ovvero un singolo soggetto o un gruppo di soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, nelle attività delle società, come potrebbero essere lavoratori, clienti, fornitori, creditori, finanziatori, P.A. e società civile). In particolare, il “beneficio comune” deve sostanziarsi nel perseguimento anche di uno o più effetti positivi, ovvero nella riduzione degli effetti negativi, su una o più delle categorie suddette.
Tali società possono indicare le parole “società benefit” nella propria denominazione e nella comunicazione verso i terzi. La qualifica di società benefit può essere assunta anche dalle società esistenti a condizione che modifichino il proprio atto costitutivo o statuto recependo le vigenti disposizioni codicistiche previste per questo tipo di società e precisando nell’oggetto sociale le finalità specifiche di beneficio comune che si intendono perseguire. Pertanto, possono essere società benefit: le società di persone, le società di capitali e le società cooperative, anche già esistenti.
La società benefit è tenuta ad individuare il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle suddette finalità. Si tratta di soggetti scelti dall’organo amministrativo all’esterno o all’interno dell’ente (anche tra gli stessi amministratori) che coadiuvano i manager nel perseguimento del beneficio comune e valutano la coerenza e l’idoneità delle procedure aziendali rispetto al raggiungimento degli obiettivi sociali. Quanto alle responsabilità degli amministratori, si sottolinea come sia sancita sia quella derivante dall’inosservanza delle modalità di gestione fondata sul bilanciamento tra l’interesse dei soci e quello di coloro sui quali l’attività sociale possa andare ad impattare, che quella per mancata individuazione del responsabile della funzione del perseguimento del beneficio comune. Inoltre si precisa come la disciplina delle società benefit si riflette sui compiti e sulle funzioni dell’organo di controllo, il quale deve valutare la correttezza dell’operato degli amministratori anche con riguardo al bilanciamento tra l’interesse dei soci e le finalità del beneficio comune e deve verificare che la nomina del responsabile della funzione di beneficio comune sia coerente con il principio di adeguatezza dell’assetto organizzativo della società.
La società benefit è tenuta a redigere annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio e da pubblicare sul sito internet della società, ove presente. La relazione include:
- la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato;
- la valutazione dell’impatto generato utilizzando lo standard di valutazione esterno che deve essere: esauriente ed articolato; sviluppato da un ente non controllato né collegato; credibile, perché espletato da un soggetto al quale siano consentiti tutti gli accessi necessari e che utilizzi un approccio scientifico e multidisciplinare; trasparente, assicurando la pubblicità delle principali informazioni ad esso pertinenti. La valutazione dell’impatto deve comprendere le seguenti aree: governo dell’impresa (per valutarne, in particolare, grado di trasparenza e responsabilità nel perseguimento delle finalità di beneficio comune); lavoratori (valutandone retribuzioni, benefit, formazione, opportunità di crescita, ecc.); altri portatori d’interesse (valutandone le relazioni con la società) ed ambiente (valutando l’impatto su di esso dell’attività sociale);
- una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell’esercizio successivo.
Nella sostanza si tratterebbe di fornire a tutti gli stakeholder un quadro complessivo delle performance dell’azienda ed esporre gli obiettivi di miglioramento che l’azienda si impegna a perseguire; di offrire informazioni utili sulla quantità dell’attività aziendale per ampliare e migliorare, anche sotto il profilo etico-sociale, le conoscenze e consentire ai fruitori del servizio, ai donatori ed a tutti gli interlocutori dell’ente di avere un quadro trasparente di obiettivi e risultati perseguiti; di fornire indicazioni sulle interazioni fra l’azienda e l’ambiente nel quale essa opera e rappresentare la funzione di utilità dell’ente. Infine, si tratterebbe di dare conto dell’entità dell’ente, delle finalità perseguite e della loro declinazione nelle politiche gestionali, nonché nei loro risultati effettivi.
Si conclude sottolineando come la gestione di tali società debba avvenire contemperando i vari interessi coinvolti e attribuendola ad uno o più specifici soggetti. Questo per precisare come l’inosservanza di tale modalità di gestione possa costituire inadempimento dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto e quindi possa generare responsabilità perseguibili nelle forme e nei modi previsti dal codice civile per ciascun tipo di società. Responsabilità che potrebbe anche espandersi al rischio di sanzioni che la società corre, in caso di mancato perseguimento delle finalità di beneficio comune, in applicazione delle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole (ex DLgs. 145/2007) e del Codice del consumo (di cui al DLgs. 206/2005).